I
monumenti ai caduti, collocati al centro delle piazze più importanti
delle piccole e grandi località italiane, per un certo periodo,
anziché onorare gli eroici comportamenti di combattenti e ricordare
le sofferenze delle popolazioni vittime della grande guerra, hanno rappresentato
un tipo esasperato di nazionalismo, sfruttato a fini propagandistici.
Oggi, superata la retorica commemorazione delle vittorie, presso questi
stessi monumenti vogliamo onorare i caduti, civili e militari, di tutti
i conflitti e, consapevoli dell’inefficacia della guerra nel risolvere
le controversie internazionali, promuovere una cultura di solidarietà
e accoglienza nella giustizia. Sono trascorsi ottantatre anni dai gloriosi
e dolorosi avvenimenti della grande guerra, nel frattempo l’Italia
è stata coinvolta in un secondo disastroso conflitto, nelle guerra
di liberazione, ha optato per il sistema repubblicano, ha decisamente
contribuito alla formazione della Comunità Europea ed è
diventata una delle grandi potenze mondiali.
Tuttavia, a 57 anni dall’ultimo conflitto mondiale, anche noi italiani
ci stiamo accorgendo che “assenza di scontro armato” non è
sinonimo di pace. Attualmente nel mondo ci sono in atto più di
25 guerre locali e un’offensiva terroristica globale che sta minacciando
la sicurezza di tutte le nazioni, superpotenze comprese. Lo dimostra anche
il notevole impegno dell’Italia che oggi impiega, fuori dal confine
nazionale, circa 10.000 soldati in missioni ONU, NATO o in qualità
di osservatori. Di questi circa 7.800 nella vicina ed europea area balcanica.
I nostri nonni rimarcavano il passaggio generazionale con le guerre, ogni
generazione ha avuto la sua guerra che oltre a lutti, dolore e distruzione,
di solito, portava anche grandi cambiamenti nella società. La guerra
fredda, seguita al secondo conflitto mondiale, figlia del concetto “ami
la pace… armati e preparati alla guerra”, spacciata come intelligente
stratagemma per evitare i conflitti armati ha invece provocato nei due
blocchi contrapposti una rincorsa all’armamento nucleare che ha
assorbito enormi risorse ai protagonisti. Per di più ha indotto
i paesi emergenti ad ingenti indebitamenti per imitare i grandi nel rifornire
i propri arsenali.
Anche la nostra generazione è protagonista e testimone di un’epocale
rivoluzione: la pacifica costruzione dell’Europa Unita.
A breve l’Unione Europea comprenderà quasi tutti gli stati
del continente dall’atlantico alla Russia. Agli attuali 15 stati
membri, già dal 2004 se ne aggiungeranno altri 10, portando così
a circa 450 milioni il numero dei cittadini europei.
L’unicità storica di questo avvenimento non sta nei numeri
di estensione territoriale, di popolazione interessata o della potenza
economica espressa, ma nel metodo di attuazione. Per la prima volta nella
storia dell’umanità un grande stato non nasce da conquiste
territoriali da parte di un esercito ma dalla libera adesione di ciascuna
nazione per perseguire degli obiettivi condivisi.
Non so se in futuro si costruiranno dei monumenti per commemorare l’avvenuta
unione, però sono certo che la nostra epoca sarà ricordata
come “l’epoca della svolta” nella storia europea.
Da oggi non più conquiste e predomini militari, ma giustizia, collaborazione
e condivisione dovranno regolare i rapporti tra le nazioni.
roberto ceschia
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